Quando non c’erano i compleanni

No, non voglio tornare indietro fino ai tempi antecedenti agli Assiri, ma a quando, per ricordare il compleanno delle persone più vicine a noi, nel mese di Gennaio si compiva la sostituzione del calendario appeso in cucina.

Un momento che segnava l’inizio delle attività dell’anno in cui si copiavano mese per mese i nomi di amici e parenti sulle date dei loro rispettivi compleanni e per farlo si perpetrava quel processo di memorizzazione naturale per cui alla fine quell’attività forse neanche ti serviva più.

Quei compleanni li conoscevi tutti bene, ed erano di poche persone, degli eletti per cui decidevi di investire del tempo e trascriverli per ricordarti di fargli una telefonata per gli auguri.

Infatti nel giorno del tuo compleanno scoprivi su quali muri delle cucine di chi era impresso il tuo nome, quindi il telefono squillava e a sorpresa (perchè non compariva il nome) quando rispondevi trovavi un tuo vecchio amico che aveva deciso, anche se non vi vedevate più da anni, di dedicarti quel momento ricordandosi di te e dell’importanza che hai avuto o forse ancora avevi nella sua vita di tutti i giorni.

Oggi, ognuno di noi ha centinaia di “amici” sui social e questi sono tutti i conoscenti, i colleghi, i vicini, gli incontrati-una-volta-e-ciao e per ognuno di loro c’è un promemoria, anzi più di uno via mail e chat e wall che ti avvertono che “quello là” fa il compleanno.

Non gliela fai mica una telefonata “a quelli”, forse non hai neanche il loro numero in rubrica, però gli auguri glieli fai, con tanto di faccette e torte che non si possono mangiare e ovviamente non vanno cucinate.

(Che poi beh, anche la rubrica era un’altra cosa, di carta, conservata gelosamente e custode dei codici dell’amicizia, ma qui parliamo del calendario…)

Ma in mezzo ai social ci sono ancora gli amici veri, quelli speciali, quelli per cui nel neuronico database della tua testa ancora il giorno e il mese della loro nascita rimane impresso ma a cui a volte la telefonata non gliela fai lo stesso, per non disturbare.

Sai che saranno impegnati già nel disturbo di dover rispondere a centinaia di messaggi di amici-non-amici social, molto social, che si divertono a farti credere che hanno un pensiero per te, mentre cercano un modo di ammazzare la noia seduti sulla bianca ceramica intenti nell’attività mattutina, generandoti un lavoro inutile di risposte inutili per rapporti inutili o peggio, inesistenti.

Io lo amavo quel maledetto telefono che squillava il 16 Dicembre, impedendomi di fare qualsiasi cosa, quando anche se pochi, qualcuno mi dedicava 5 minuti per salutarmi e farmi gli auguri per il fantastico risultato ottenuto di non essere ancora morto.

Traguardo in movimento

Penso che la chiave della felicità sia all’interno di due soli ingredienti.

Essere felici e lavorare per esserlo di più, qui o altrove in un altro tempo.

È un concetto ricorsivo in parte ma non solo un fattore statico, il miracolo si muove con noi.

Si nasce felici quando non si è ancora iniziato il primo giorno della nostra vita e poi si lavora sodo ma non per tenersi la propria felicità, per cambiarla, migliorarla, guardarla crescere sotto le proprie mani per osservarla da tutti i lati.

Bisogna volerla e saperla accettare così com’è

Lo si fa mentre ci si lavora sotto continuamente.

Perché non c’è niente di pulito come lo raccontano o lo idealizzano, è tutto perfetto già così com’è ma bisogna usare degli occhiali azzurri, tondi e grandi e guardarci dentro come non esistesse altro per vederlo.

Bisogna aver coscienza di essere parte di una meraviglia e poi lavorare sodo e sporcarsi per fare di meglio.

Non si fa per arrivare da qualche parte, ma per non lasciar scappare avanti il traguardo che viaggia normalmente alla nostra stessa velocità sopra la nostra testa, o peggio, inchiodarlo lì in un punto fisso per sempre per sperare di fissarlo e invece non poterci più tornare.

Perché non si può correre poi più veloce e neanche fermarsi.

Si vive bene a quella velocità, credo, quando la trovi con precisione, col ritmo costante e lo sguardo incredulo volto alla meraviglia ovunque.

(Foto sopra: casa mia. Caos su pavimento, oggi)

P.S. Che poi pensavo che su questa foto c’è parecchio della mia vita: i viaggi, le camminate, la chitarra, che è di un amico, e poi i miei piccoli amori, la mia compagna e anche un po’ di lavoro, le faccende domestiche, i giocattoli (anche miei), la montagna, l’avventura e un ordinato caos che porta tutto insieme in giro con me e quei matti che volenti o nolenti, sono con me nel viaggio. ❤