Alpinisti, tempi cosmici e unicità

Riflettendo sulle prime ascensioni degli alpinisti, non possiamo non vederli come degli eroi che sfidano l’ignoto ed aprono la strada verso ripetizioni che altri faranno solo grazie alla dimostrazione di possibilità prima e di fattibilità poi.

Quindi guardi queste grandi imprese e guardi la tua vita e ti sembra insignificante, ti sembra che non lascerà il segno.

Mi giro e osservo i miei figli, sento le persone sorridere delle mie continue stupidaggini e penso che magari qualcosa al mondo lo lascerò anche io in modo meno plateale, ma ugualmente vissuto e faticosamente guadagnato.

La speranza che da sempre ho è quella di aver reso questo posto un po’ più leggero e meno serio di come ce lo dipingono.

Perché in fondo siamo una meteora molto veloce di vita nel computo di diversi miliardi di anni di storia dell’universo e la nostra esistenza è temporanea e superflua.

Questo libera sia te che il presidente degli Stati Uniti, della Cina, gli alpinisti e gli scienziati dal doversi prendere troppo sul serio, dal momento che la vita su questo pianeta finirà dopo che avremo finito di divertirci tra una scatola di cemento, un iphone e qualche stazione spaziale tra questa e le prossime che magari verranno.

Però ti resta la voglia di unicità, di essere come nessun altro e questa mattina ho avuto un’idea.

Oggi sono stato (probabilmente) il primo, il primo a dire la parola “Argonauta” alle 7:30 del mattino e sono ragionevolmente certo che nessuno lo abbia fatto prima di me.

Se un giorno ci si dovesse chiedere chi fu il primo che nel giorno 7 Febbraio 2023 abbia detto quella parola, potranno fare delle ricerche, ma non credo troveranno documentazione di qualcuno che l’abbia fatto prima di me.

Ora ho un sistema e più ci penso e più me ne vengono in mente altri.

Ma vuoi vedere che sono io l’unico fatto così, con questa storia, questi sogni e tutto il resto?

Quando non c’erano i compleanni

No, non voglio tornare indietro fino ai tempi antecedenti agli Assiri, ma a quando, per ricordare il compleanno delle persone più vicine a noi, nel mese di Gennaio si compiva la sostituzione del calendario appeso in cucina.

Un momento che segnava l’inizio delle attività dell’anno in cui si copiavano mese per mese i nomi di amici e parenti sulle date dei loro rispettivi compleanni e per farlo si perpetrava quel processo di memorizzazione naturale per cui alla fine quell’attività forse neanche ti serviva più.

Quei compleanni li conoscevi tutti bene, ed erano di poche persone, degli eletti per cui decidevi di investire del tempo e trascriverli per ricordarti di fargli una telefonata per gli auguri.

Infatti nel giorno del tuo compleanno scoprivi su quali muri delle cucine di chi era impresso il tuo nome, quindi il telefono squillava e a sorpresa (perchè non compariva il nome) quando rispondevi trovavi un tuo vecchio amico che aveva deciso, anche se non vi vedevate più da anni, di dedicarti quel momento ricordandosi di te e dell’importanza che hai avuto o forse ancora avevi nella sua vita di tutti i giorni.

Oggi, ognuno di noi ha centinaia di “amici” sui social e questi sono tutti i conoscenti, i colleghi, i vicini, gli incontrati-una-volta-e-ciao e per ognuno di loro c’è un promemoria, anzi più di uno via mail e chat e wall che ti avvertono che “quello là” fa il compleanno.

Non gliela fai mica una telefonata “a quelli”, forse non hai neanche il loro numero in rubrica, però gli auguri glieli fai, con tanto di faccette e torte che non si possono mangiare e ovviamente non vanno cucinate.

(Che poi beh, anche la rubrica era un’altra cosa, di carta, conservata gelosamente e custode dei codici dell’amicizia, ma qui parliamo del calendario…)

Ma in mezzo ai social ci sono ancora gli amici veri, quelli speciali, quelli per cui nel neuronico database della tua testa ancora il giorno e il mese della loro nascita rimane impresso ma a cui a volte la telefonata non gliela fai lo stesso, per non disturbare.

Sai che saranno impegnati già nel disturbo di dover rispondere a centinaia di messaggi di amici-non-amici social, molto social, che si divertono a farti credere che hanno un pensiero per te, mentre cercano un modo di ammazzare la noia seduti sulla bianca ceramica intenti nell’attività mattutina, generandoti un lavoro inutile di risposte inutili per rapporti inutili o peggio, inesistenti.

Io lo amavo quel maledetto telefono che squillava il 16 Dicembre, impedendomi di fare qualsiasi cosa, quando anche se pochi, qualcuno mi dedicava 5 minuti per salutarmi e farmi gli auguri per il fantastico risultato ottenuto di non essere ancora morto.

Traguardo in movimento

Penso che la chiave della felicità sia all’interno di due soli ingredienti.

Essere felici e lavorare per esserlo di più, qui o altrove in un altro tempo.

È un concetto ricorsivo in parte ma non solo un fattore statico, il miracolo si muove con noi.

Si nasce felici quando non si è ancora iniziato il primo giorno della nostra vita e poi si lavora sodo ma non per tenersi la propria felicità, per cambiarla, migliorarla, guardarla crescere sotto le proprie mani per osservarla da tutti i lati.

Bisogna volerla e saperla accettare così com’è

Lo si fa mentre ci si lavora sotto continuamente.

Perché non c’è niente di pulito come lo raccontano o lo idealizzano, è tutto perfetto già così com’è ma bisogna usare degli occhiali azzurri, tondi e grandi e guardarci dentro come non esistesse altro per vederlo.

Bisogna aver coscienza di essere parte di una meraviglia e poi lavorare sodo e sporcarsi per fare di meglio.

Non si fa per arrivare da qualche parte, ma per non lasciar scappare avanti il traguardo che viaggia normalmente alla nostra stessa velocità sopra la nostra testa, o peggio, inchiodarlo lì in un punto fisso per sempre per sperare di fissarlo e invece non poterci più tornare.

Perché non si può correre poi più veloce e neanche fermarsi.

Si vive bene a quella velocità, credo, quando la trovi con precisione, col ritmo costante e lo sguardo incredulo volto alla meraviglia ovunque.

(Foto sopra: casa mia. Caos su pavimento, oggi)

P.S. Che poi pensavo che su questa foto c’è parecchio della mia vita: i viaggi, le camminate, la chitarra, che è di un amico, e poi i miei piccoli amori, la mia compagna e anche un po’ di lavoro, le faccende domestiche, i giocattoli (anche miei), la montagna, l’avventura e un ordinato caos che porta tutto insieme in giro con me e quei matti che volenti o nolenti, sono con me nel viaggio. ❤

Sotto il letto

…e si che lo so che un giorno non vi metterò più a letto io.

Ma amo questo momento così intimo e prezioso, in cui io sono ancora un grande papà e voi dei piccoli cuccioli da accudire, da sorvegliare nel momento più delicato.

Lasciarsi andare nel sonno non è facile, si diventa vulnerabili.

Per fortuna papà è lì a proteggervi con la sua mano magica, amuleto per tutti i mostri che vivono nell’ombra delle camerette.

Dai che la mattina arriva presto e ci sono tante cose da fare. Bisogna riposare bene.

Buonanotte 😘😘

Devo riuscire a ricordarla per sempre questa sensazione, ma le foto al buio vengono male…

La Verdura è forte!

Dalla mia infanzia ho vissuto col pensiero di avere due eroi per genitori.

Che poi è vero, i genitori sono degli eroi ed oggi che lo sono anche io mi rendo conto di quanta cura e dedizione c’è verso il progetto figli.

Tra le tante cose che un genitore fa, ce n’è una a cui pensavo oggi: la protezione dalla cruda verità.

Ogni tanto, saltuariamente, vengo a conoscenza di alcuni dettagli veri sulla mia infanzia e giovinezza in genere, dettagli di cui ho conosciuto solo il lato coperto e mai quello accaduto veramente. Essendo io il figlio non avrei dovuto sapere alcune cose, penso, e forse era anche giusto così.

La cosa che mi piace però, il motivo per cui scrivo queste righe, è che adoro come questi dettagli arrivino come per magia solamente quando sono pronto a recepire la verità. Perché credo che in fondo non si è mai grandi e serve tanta esperienza e comprensione per mettere i tasselli giusti al posto giusto.

Se alcuni dettagli mi fossero arrivati troppo presto li avrei odiati oppure li avrei di certo scartati, e forse il secondo l’ho anche fatto.

E così oggi mi rendo conto di quanta comprensione non ho di alcuni stati di coscienza che da bambino non sapevo, e non sapevo da ragazzino e adolescente e ragazzo e che ancora oggi mi stupisce non sapere.

Perché in ognuna delle fasi della mia vita pensavo di poter capito tutto, e mi sono solamente illuso.

Tuttavia una persona è di carne e può essere debole, ma un genitore è sempre forte, come la verdura.

Vestirsi

Odio i tacchi.
Non ne ho mai indossati, ma non mi sono mai piaciuti.
Sono sempre stato attratto dalle ragazze della porta accanto, dai ragazzi che sembra si siano vestiti al buio, come me.


Le donne con poco trucco, con poco tacco, con abbigliamento semplice, portano a spasso con onore la propria persona, vera. C’è meno artificio nel loro essere, sono persone sincere, ti fanno vedere chi sono, ti mostrano un lato più intimo e vero.


Non mi fido invece di tanto artificio, di persone che passano ore al bagno prima di uscire. La gente troppo profumata nei centri commerciali, copre le proprie debolezze a se stesso e agli altri.


La bellezza interiore è quella che invece adoro, quella che si legge negli occhi, che non invecchia mai, quella che indossa il più sincero dei sorrisi, scalza e in pigiama.

L’Albero

Una foglia dell’albero non è l’albero.

Il tronco dell’albero anche, non è l’albero.

Non sono albero le sue radici, le formiche che ci salgono e il merlo che lo adibisce a palco.

Neanche chi sfrutta la sua ombra è l’albero.

Chi è l’albero?

Forse sono io che lo osservo, meraviglioso, meravigliato.

Quando apro gli occhi

Amo l’attimo in cui apro gli occhi la mattina.

È un solo momento, incredibilmente bello in cui non esiste niente. Non so chi sono e dove sono e proprio in quell’istante non esistono problemi, malattie, conti da pagare, attività da svolgere, fame, sete, dolore, stanchezza, vuoto, pieno… Niente di niente.

Un istante dopo cominciano a tornare una alla volta tutte queste cose e provo a tenerle lontane perché non vorrei e cavolo, datemi ancora un attimo..

Lo so che stanno arrivando a decine a spezzare nuovamente la pace.

Un respiro grande e si parte a fatica di nuovo nella frenesia che terminerà ancora in un letto, sperando che quell’attimo torni e sia più intenso e magari più lungo del giorno prima.

E lo sarà, di certo. Si.

Qui e ora

Dopo un po’ di tempo credo di aver capito che essere presenti valga più del fare.

Scegliere questo o quello cambia meno dello scegliere di essere qui e continuare a guardare e guardarsi, sentire e sentirsi.

Si potrebbe vivere senza far nulla e solo stare fermi, ma presenti.

Che poi sarebbe impossibile non essere, mentre non fare sempre si può.

Ammesso di esserne capaci…

Gli errori della Madre

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Oggi dicevo ad un amico:

Lavorare è umanamente sbagliato, dovremmo farlo fare alle macchine al posto nostro!

Subito la fantasia mi ha proiettato in uno scenario alla Philip K. Dick, con tanto di insurrezioni delle macchine che prendono il sopravvento su un umano ormai incapace di fare ogni cosa e ridotto in schiavitù per sua volontà o per la scarsa lungimiranza (che ci contraddistingue come specie).

Poi però riflettendoci meglio mi sono reso conto che abbiamo la più grande macchina che lavora per noi sotto gli occhi ogni giorno ed è proprio grazie a lei che viviamo.

Dona a noi tutte le risorse che ci permettono di vivere: aria, acqua, cibo, luce, calore e di fatto ogni cosa ci circondi, oltre ai metodi per gioire e per procreare (o entrambi insieme…😁).

Non ci ha mai chiesto di ringraziarla né di notarla o farle le lodi, quindi noi non lo abbiamo mai fatto.

Noi ringraziamo invece i templi, le nostre culture e ciò che ne è derivato che altro non hanno fatto che ridurci in schiavitù, come nei libri di fantascienza.

Bastava quanto ci era stato donato da lei per vivere ogni giorno, non dovevndo far altro che essere noi stessi godendo di tutto e consegnandogli i nostri scarti, perfettamente integrati nel ciclo della vita.

E invece no, noi vogliamo i telefonini, le auto di lusso e prodotti ben inscatolati in inutili ed eterni materiali plastici…

Notiamo l’esistenza di questa entità superiore soltanto ora che stiamo per uscire dalle sue grazie.

Madre Natura è grande e sa che l’uomo che vive così va estirpato dalle sue terre.

Così pian piano ci dice che “o ci comportiamo bene, oppure ci caccia via per sempre”, tanto lei rimarrà qui  per chi vorrà rimanerci.

Bastava mangiare, bere, correre sui prati, cagare e scopare.

Che presunzione pensare di essere più bravi di lei.

Scusaci Madre Natura, non avevamo capito.

… potevi crearci però anche un po’ più intelligenti, no? Dopotutto cosa ti costava?